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Ahamkara nel mondo dello yoga è l’ego. Per definizione è la percezione di chi si è, dei propri pensieri e della propria mente. Si tratta quindi di un “falso sè stesso” perchè, appunto, viene sfumato dalla percezione.

La visione del proprio sè può essere sia positiva che negativa e generalmente vengono inclusi entrambi gli aspetti. L’ego racchiude il senso di autostima, il proprio valore, il prestigio, il successo e la ricchezza. In poche parole si tratta di un profondo attaccamento.

Secondo Patanjali, il filosofo indiano a cui viene attribuito il testo fondamentale dello yoga, gli Yoga Sutra, l’ego è uno degli ostacoli che impedisce il raggiungimento del Samadhi, il più profondo stato di coscienza, la realizzazione del vero sè, l’unione con il divino.

Lo yogi, quindi, dovrà praticare il “non attaccamento” per poter rimuovere l’ostacolo e procedere lungo il suo cammino.

Salire sul tappetino con umiltà

Spesso accade che durante la pratica fisica dello yoga ci si trovi a voler mostrare qualcosa all’insegnante, ai compagni o a noi stessi, nutrendo così il nostro ego.

Subentra in noi la competizione o il pensiero di voler raggiungere la perfezione. Ma sarà solo la pratica quotidiana, guidata dalla dedizione e dalla costanza, a far si che tutte le asana – anche quelle più difficili – diventino prima o poi possibili.

Per far questo è necessario salire sul tappetino con umiltà. Sempre come se fossimo dei principianti, ed essendo ben consapevoli che ogni volta le emozioni e le abilità potrebbero essere differenti.

La disciplina rafforza con la pratica sia il corpo che la mente. Proprio per questo è bene non lasciarsi ossessionare dai dettagli della posizione che, altrimenti, diventerebbe solamente una performance sportiva.

La crescita spirituale può essere molto lenta e tortuosa, ma tramite lo yoga è possibile ritrovare i giusti spazi e il proprio equilibrio.

Com’è possibile praticare le asana senza alimentare l’ego?

Praticando la midfulness, tralasciando i desideri e cercando il divino che c’è in noi. Senza ascoltare troppo i commenti e i giudizi degli insegnanti o dei compagni e, soprattutto, ricordandosi quali sono le proprie intenzioni. La pratica di alcune asana possono riportarci in equilibrio con noi stessi, andando così a riequilibrare anche il nostro l’ego.

Ecco alcune posizioni che possono esserci d’aiuto

Paschimottanasana, piegamento in avanti da seduto. Calma e rilascia lo stress allungando la schiena, le spalle e le gambe. Aiuta la mente distratta a ritrovare il giusto allineamento.

Eka Pada Rajakapotanasana, la posizione del piccione. Allunga i glutei e le cosce, rilassa la schiena ed il bacino. Distende i muscoli del collo e del torace, incrementa il flusso delle energie di tutti i chakra.

Baddha Virabhadrasana, il guerriero umile. Stabile e flessibile. Una posizione che richiede molta forza nelle gambe e apre i fianchi, il petto, stimola gli organi addominali e il sistema nervoso.

Ci ricorda di guardare dentro di noi, di essere consapevoli. Le parole “guerriero” e “umile” possono sembrare contraddittorie, ma solo attraverso l’umiltà possiamo conoscere noi stessi veramente, trovando la forza di riconoscere le battaglie vinte e quelle perse.

Paolina