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Vinyasa è un termine che incontriamo frequentemente nello yoga: sul tappetino, sugli articoli o sui volantini pubblicitari e, spesso, ci lascia dei dubbi su che cosa significhi realmente, soprattutto se si è nuovi in questo mondo.

Dal sanscrito, tradotto letteralmente, significa “posizionare in un modo speciale”. Ma si avrà una visione molto più chiara di che cosa significhi vinyasa con la pratica di questa fantastica disciplina chiamata yoga, che resta l’unica via per apprenderne il vero concetto.

Nello yoga, infatti, il respiro è ciò che guida il corpo e il vinyasa è quel collegamento tra una posizione e l’altra che permette al praticante di restare concentrato, con la mente senza distrazioni, nel presente.

Il collegamento da un’asana all’altra è solitamente costituito da una mini sequenza, quella più comune è chaturanga – urdhva mukha svanasana – adho mukha svanasana (dalla posizione della tavola a chaturanga, il bastone, dal cane a faccia in su al cane a faccia in giù), oppure un round completo del saluto al sole.

In realtà non ci sono regole precise o linee guida su come debba avvenire il vinyasa, o come debba essere eseguito. Il tutto è a piacere dell’insegnante, purchè il flusso sia lento, dolce e consapevole. Ed è proprio qui che la creatività prende forma. Praticando da soli, può essere anche più interessante.

Oggi il vinyasa è diventato un vero e proprio stile dinamico riconosciuto e praticato in tutto il mondo, in contrasto con l’Hatha yoga, che si concentra maggiormente sulla posizione finale. Le sequenze variano da lezione a lezione, offrendo una maggiore varietà di asana.

Uno dei primi testi che parla di vinyasa è “Yoga Kurunta” di Vamana Rishi, interpretato e trasmesso negli anni Venti da T. Krishnamacharya (considerato “il padre dello yoga moderno”) ai suoi allievi, Pattabhi Jois, B.K.S. Iyengar e A.G. Mohan, gli insegnanti di yoga più famosi al mondo, coloro che hanno portato lo yoga nel mondo Occidentale in diversi stili.

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Nel Kurunta viene citata una sequenza chiamata “Vinyasa Krama”, che permette la connessione tra mudra, pranayama, bandha, meditazione, asana, drishti e japa. Pattabhi Jois creò e diffuse l’ashtanga yoga, ispirato da questi insegnamenti, con lo scopo di purificare il corpo e la mente, una pratica che mira alla crescita personale.

Il vinyasa crea quel flusso che va a purificare il corpo, che si è riscaldato tramite le asana e il respiro ujjai, prima di passare alla posizione successiva, come se il tasto reset venisse premuto, ristabilendo il respiro naturale e garantendo un’ottima circolazione del sangue.

Così nella pratica di Anusaranga yoga, quella che potresti praticare ad uno dei retreat offerti da Yoga in Thailandia, il vinyasa è parte integrante. Essere presenti durante il cambiamento è una di quelle lezioni da portare nella vita di tutti i giorni, essendo in grado di essere osservatori e partecipanti allo stesso tempo.

Paolina